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1299: Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per il suo spirito acuto e perspicace, viene chiamato in gran fretta dai parenti di Buoso Donati, un ricco mercante appena spirato, perché escogiti un mezzo ingegnoso per salvarli da un’incresciosa situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati, senza disporre nulla in favore dei suoi parenti.

Inizialmente Schicchi rifiuta di aiutarli a causa dell’atteggiamento sprezzante che la famiglia Donati, dell’aristocrazia fiorentina, mostra verso di lui, uomo della «gente nova». Ma le preghiere della figlia Lauretta (romanza «O mio babbino caro»), innamorata di Rinuccio, il giovane nipote di Buoso Donati, lo spingono a tornare sui suoi passi e a escogitare un piano, che si tramuterà successivamente in beffa. Dato che nessuno è ancora a conoscenza della dipartita, ordina che il cadavere di Buoso venga trasportato nella stanza attigua in modo da potersi lui stesso infilare sotto le coltri, e dal letto del defunto, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà.

Così infatti avviene, non senza che Schicchi abbia preventivamente assicurato i parenti circa l’intenzione di rispettare i desideri di ciascuno, tenendo comunque a ricordare il rigore della legge, che condanna all’esilio e al taglio della mano non solo chi si sostituisce ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici («Addio Firenze, addio cielo divino»).

Schicchi declina dinanzi al notaio le ultime volontà e quando dichiara di lasciare i beni più preziosi – la «migliore mula di Toscana», l’ambita casa di Firenze e i mulini di Signa – al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi», i parenti esplodono in urla furibonde. Ma il finto Buoso li mette a tacere canterellando il motivo dell’esilio e infine li caccia dalla casa, divenuta di sua esclusiva proprietà.

Fuori, sul balcone, Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente; mentre Gianni Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della propria astuzia

Opera in un atto su libretto di Gioachino Forzano

Personaggi e interpreti

Gianni Schicchi, 50 anni Sergio Vitale
Lauretta, 21 anni Ayse Sener* / Giada Borrelli*

I parenti di Buoso Donati:
Zita detta La Vecchia, cugina di Buoso, 60 anni Shay Bloch*
Rinuccio, nipote di Zita, 24 anni Alfonso Zambuto* / Shohei Ushiroda*
Gherardo, nipote di Buoso, 40 anni Robert Barbaro* / Giovanni Castagliuolo* 
Nella, sua moglie, 34 anni Haruka Takahashi*
Gherardino, loro figlio, 7 anni Marco Di Simine / Emilio Pellegrino
Betto di Signa, cognato di Buoso, età indefinibile Felipe Correia Oliveira / Cihan Ozmen*
Simone, cugino di Buoso, 70 anni Massimiliano Catellani
Marco, suo figlio, 45 anni Francesco Solinas*
La Ciesca, moglie di Marco, 38 anni Fei Yue*

Maestro Spinelloccio, medico/Guccio, tintore Alex Martini* 
Messer Amantio di Nicolao, notaro Lorenzo Malagola Barbieri 
Pinellino, calzolaio Cihan Ozmen* / Felipe Correia Oliveira

* Giovani allievi del progetto “Produzione lirica in teatro: corso per cantanti”
Corso di alto perfezionamento promosso dalla
Fondazione Teatro Comunale di Modena
Docente principale Mirella Freni

Direttore Stefano Seghedoni
Regia
Stefano Monti
Scene Rinaldo Rinaldi
Luci
Andrea Ricci

Orchestra dell'Opera Italiana

Nuovo allestimento
Produzione
Fondazione Teatro Comunale di Modena

Durata dello spettacolo: 60 minuti